Non mi era mai successo prima d’ora di commuovermi davanti al grande mi- stero dell’Annunciazione. E già, perchè oggi è il 25 marzo, nove mesi esatti dal Natale, e la Chiesa ne celebra la solennità. Ci voleva forse questa quarantena? Chissà? Puo darsi. Sta di fatto che stamane ho come avvertito un brivi- do nella schiena nel ripensare a quanto accaduto duemila anni fa a Nazareth, un villaggio della Galilea che non esisteva neppure nella carte geografiche, tanto era insignificante e quasi inesistente.
Eppure Dio preferisce agire lì e lì mettersi in gioco totalmente con la nostra umani- tà. Lo aveva già fatto con il popolo d’Israele, ma non così.
E che ha fatto? Appunto, si è messo in gioco.
C’è una differenza enorme tra il guardare una partita di calcio alla Tv oppure dalle tribune di uno stadio e il mettersi una maglietta e dei calzoncini, entrare in campo, giocare la partita e fare goal.
Ecco, Dio ha fatto proprio così.
Non è entrato con gli effetti speciali per sbalordirci della sua grandezza e della sua magnificenza e onnipotenza; è entrato come un bambino nella pancia di una vergine, tra l’altro promessa sposa. Insomma, un’entrata a gamba tesa, per usare il linguaggio calcistico.
Il casino che ha combinato si può solo immaginare, e quello è stato solo l’inizio. Non poteva usare toni e modi un pò più garbati e più corretti?
No, non poteva perchè di mezzo c’eravamo noi, e noi avevamo bisogno di quella gamba tesa. Se fosse stato più “soft” noi, oggi, saremmo degli orfani, senza casa e senza futuro. Avevamo bisogno di un padre così, che entrasse a gamba tesa dentro la vita.
Di Lui abbiamo bisogno, adesso, in quest’ora così triste e dolorosa della nostra sto- ria, segnata da questa orribile pandemia. E ne abbiamo bisogno non per il virus che può infettarci tutti e che prima o poi riusciremo a sconfiggere, ma soprattutto per quando sarà passato il “blackdown”, per la devastazione che troveremo ovunque, e, senza il suo abbraccio paterno, ci sentiremmo ancora degli orfani senza casa e senza futuro. E disperati.
Che letizia avere un Dio così, che entra a gamba tesa e non guarda in faccia a niente se non a ognuno di noi e con quella tenerezza che lo ha sempre contraddistinto.
E liberandoci dalla disperazione ha voglia di ricominciare.