Cari fratelli,
do il benvenuto a tutti voi, riuniti a Roma per il Capitolo Generale, e ringrazio il Priore Generale per le sue parole.
In questo Capitolo vi siete proposti di affrontare le sfide più importanti del momento, alla luce della Parola di Dio, del magistero della Chiesa e del grande Padre Agostino.
Voi siete ben consapevoli che le comunità di consacrati sono luoghi in cui si vuole vivere l’esperienza di Dio a partire da una forte interiorità e in comunione con i fratelli. Ecco la prima, basilare sfida che interpella i consacrati e che oggi desidero affidare in particolare a voi: fare insieme l’esperienza di Dio per poter mostrare Dio a questo mondo in maniera chiara, coraggiosa, senza compromessi o tentennamenti. È una grande responsabilità!
Ricordo le parole di San Paolo VI nella stupenda Esortazione Evangelica testificatio: «La tradizione della Chiesa – è forse necessario ricordarlo? – ci offre, fin dalle origini, questa testimonianza privilegiata di una ricerca costante di Dio, di un amore unico e indiviso per Cristo, di una dedizione assoluta alla crescita del suo regno. Senza questo segno concreto, la carità che anima l’intera Chiesa rischierebbe di raffreddarsi, il paradosso salvifico del Vangelo di smussarsi, il “sale” della fede di diluirsi in un mondo in fase di secolarizzazione» (n. 3). In quel tempo era in fase di secolarizzazione, oggi è totalmente secolarizzato.
Voi Agostiniani siete stati chiamati a testimoniare quella carità calda, viva, visibile, contagiosa della Chiesa, attraverso una vita di comunità che manifesti chiaramente la presenza del Risorto e del suo Spirito. L’unità nella carità – come spiegano bene anche le vostre Costituzioni – è un punto centrale dell’esperienza e della spiritualità di Sant’Agostino e un fondamento di tutta la vita agostiniana. In questa prospettiva, nell’Esortazione apostolica Gaudete et exsultate ho voluto ricordare «quel sublime incontro spirituale che vissero insieme Sant’Agostino e sua madre Santa Monica» (n. 142): un momento in cui le loro anime si fusero nell’intuizione della divina Sapienza. Lo rileggiamo sempre con emozione nella memoria liturgica di Santa Monica. Quel desiderio della Santa che alla fine ha avuto ciò che cercava, e anche di più. Quel «cumulatius hoc mihi Deus meus prestitit» (S. AGOSTINO, Conf., IX,11). Questo ci deve incoraggiare ad andare avanti.
«Ma – subito ho aggiunto – queste esperienze non sono la cosa più frequente, né la più importante. La vita comunitaria […] è fatta di tanti piccoli dettagli quotidiani […]. La comunità che custodisce i piccoli particolari dell’amore, dove i membri si prendono cura gli uni degli altri e costituiscono uno spazio aperto ed evangelizzatore, è luogo della presenza del Risorto che la va santificando secondo il progetto del Padre» (ibid., 143.145).
Certamente, tenere viva questa fiamma della carità fraterna non sarà possibile senza quell’ “in Deum” della vostra Regola: «Primum, propter quod in unum estis congregati, ut unanimes habitetis in domo et sit vobis anima una et cor unum in Deum» (n. 3). Cioè protesi verso Dio. Quest’aggiunta all’espressione degli Atti degli Apostoli è propria di Agostino, per sottolineare che è quello il dinamismo profondo delle vostre comunità, la prima grande sorgente da cui scaturisce ogni servizio vostro alla Chiesa e all’umanità. L’anima una et cor unum nasce da questa Fonte perenne: in Deum. I vostri cuori sempre protesi verso Dio. Sempre! Ogni membro della comunità sia orientato, come primo “santo proposito” di ogni giorno, alla ricerca di Dio, o a lasciarsi ricercare da Dio. Questa “direzione” dovrebbe essere dichiarata, confessata, testimoniata tra di voi senza falsi pudori. La ricerca di Dio non può essere oscurata da altre finalità, pur generose e apostoliche. Perché è quello il vostro primo apostolato. Siamo qui – dovreste poter dire ogni giorno tra di voi – perché camminiamo verso Dio. E poiché Dio è Amore, si cammina verso di Lui nell’amore.
Come scriveva il caro padre Agostino Trapé: «Secondo la Regola, la carità non è solo il fine e il mezzo della vita religiosa, ma ne è anche il centro: dalla carità deve procedere e alla carità dev’essere orientato, con un perenne movimento di causalità circolare, ogni pensiero, ogni affetto, ogni atteggiamento, ogni azione» (S. Agostino. La Regola, Milano 1971Ancora, p. 137).
Scrivendo a San Girolamo, Sant’Agostino esprimeva così la propria esperienza di comunità: «Ti confesso che trovo quanto mai naturale abbandonarmi interamente all’affetto di tali persone, soprattutto quando sono oppresso dagli scandali del mondo: nel loro cuore trovo riposo scevro di preoccupazione essendo persuaso che in esso c’è Dio» (Lettere 73,10). E davanti agli scandali della Chiesa o agli scandali anche della vostra famiglia, la pace è su questa strada. Tornare a puntare su questo… e gli scandali cadono, da soli, perché fanno vedere che non c’è un’altra strada, questa è la strada.
Fa bene tornare spesso a quella meditazione che Agostino fece ai suoi fedeli, sulla Prima Lettera di Giovanni, dove la Chiesa è da lui denominata “mater charitas”, una madre che piange per la divisione dei figli e chiama e richiama all’unità della carità: «Se vuoi conoscere se hai ricevuto lo Spirito, interroga il tuo cuore, per non correre il rischio di avere il sacramento ma non l’effetto di esso. Interroga il tuo cuore e se là c’è la carità verso il fratello, sta’ tranquillo. Non può esserci l’amore senza lo Spirito di Dio, perché Paolo grida: “L’amore di Dio è stato diffuso nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che fu dato a noi” (Rm 5,5)» (ibid., VI, 10).
Le vostre Costituzioni richiamano questa carità fraterna “un segno profetico”, ed è saggia la loro avvertenza quando dicono: «Non riusciremo a compiere tutto questo se non prendiamo per amore di Cristo la nostra croce di ogni giorno, con umiltà e mansuetudine». La croce è la misura dell’amore, sempre. È vero che si può amare senza croce, quando non c’è la croce, ma quando c’è la croce, il modo in cui io prendo la croce, è la misura dell’amore. È così.
Ritorniamo alla meditazione agostiniana per ascoltare da lui, padre e guida, quale sia in fin dei conti la via charitatis: «Dice il Signore: “Vi dò un comandamento nuovo, che vi amiate a vicenda” (Gv 13, 34). […] Ma qual è la perfezione dell’amore? È amare anche i nemici ed amarli perché diventino fratelli […]. Così ha amato colui che, pendendo sulla croce, disse: “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno” (Lc 23,34) […]. Egli, quando era inchiodato alla croce, camminava proprio su questa via, che è la strada della carità» (ibid., I, 9).
Cari fratelli, questa è anche oggi per voi la sfida e la responsabilità: vivere nelle vostre comunità in modo tale da fare insieme l’esperienza di Dio e poterlo mostrare vivo al mondo! L’esperienza del Signore, come Lui è, come Lui ci cerca ogni giorno. Che Maria, madre di Gesù e figura luminosa della Chiesa, vi accompagni e vi protegga sempre. Vi benedico di cuore, e vi chiedo, per favore, di pregare per me. Grazie.