L’articolo di Padre Giuseppe Scalella ci offre l’occasione per riflettere su quanto stiamo vivendo, sui limiti e le ristrettezze che il Coronavirus impone e su come, da cristiani, possiamo interrogarci. Buona lettura!
In questi giorni di emergenza sanitaria per via della diffusione del virus CV19 molte chiese e istituzioni cattoliche hanno sospeso le celebrazioni liturgiche e ogni altra attività; e non è difficile scorgere sul volto di tanti fedeli e devoti un certo disappunto per questi provvedimenti. Per tanti di loro non è giusto privare i fedeli del bene più prezioso che hanno: L’Eucarestia. E va bene. Ma l’emergenza che stiamo vivendo ci fa dire solo questo? A che serve continuare a sentirci sufficienti delle nostre piccolezze? Al tempo di Gesù c’era un’altra categoria di persone che si sentiva sufficiente delle pro-prie piccolezze: i Farisei. Stiamo forse diventando come loro?
Se proviamo a riflettere su questa vicenda, arriviamo a capire tante cose, ma almeno due cose che non sappiamo più.
La prima: basta un essere invisibile e misterioso come il virus a dirci che sia- mo fragili e inermi e non siamo padroni di niente, neanche della nostra salute. Ci siamo abituati troppo all’idea di essere dèi di noi stessi, capaci dell’inve-rosimile. Invece non siamo niente. A volte pensiamo che la fede va bene solo per i depressi e gli illusi. Poi, però, arriva la realtà a dirci il contrario. E allora bisognerebbe ringraziarla se arriva a metterci al muro e a farci guardare la realtà e la verità di noi.
La seconda: se proviamo a riflettere su questo digiuno forzato della Messa e dell’Eucarestia, arriveremo a domandarci che cosa c’è al fondo di questa mancanza. Ci manca davvero Gesù?
Il Concilio Vaticano II dice che l’Eucarestia è “fonte e culmine” della vita cristiana. Quindi tra la fonte e il culmine c’è tutta la vita cristiana della Chiesa che non è di meno rispetto alla fonte e al culmine, cioè al sacramento. Gesù è anche in quella vita lì, posso incontrarlo e mettermi in rapporto con lui at- traverso quella vita, posso nutrirmi di quella vita, perché è come nutrirmi di lui. Allora, può mancarmi l’Eucarestia, non mi manca Gesù perché so dove trovarlo. E in questa circostanza è ancora più urgente perché il bisogno più grande che abbiamo è di un Dio che sia umanamente presente. Come un bam- bino che ha bisogno non della madre ma della sua presenza. Se Dio si è fatto uomo è perché aveva capito che gli uomini da soli non sarebbero riusciti mai a vincere la paura del male, di qualsiasi male. Per questo si è fatto umanamente presente. E se duemila anni fa era l’uomo Gesù di Nazareth, oggi, e sempre, è la vita della Chiesa, la cui sorgente e culmine è l’Eucarestia.
Se ci lamentiamo perché il virus ci ha tolto l’Eucarestia è perché non guar- diamo più la vita in cui lui continua ad essere presente e a vincere il male e la paura; e non la guardiamo più perché abbiamo ridotto la fede a un rito, addirittura a un rito che bisogna compiere perché abbiamo paura del giudizio di Dio.
Ma non erano i pagani che avevano paura degli dèi e dei riti?
p. Giuseppe Scalella osa