L’ultimo giorno del capitolo inizia con la preghiera delle Lodi.
E dopo, come gli altri giorni, alle 9.30, in aula per la consegna delle schede con le singole proposte e poi ognuno dei capitolari ha iniziato a votare con le tre opzioni per ogni singola proposta: placet, non placet, placet iuxta modo.
Alle 11 vengono consegnate le schede e poi il generale ci ha letto il messaggio del 186° Capitolo Generale all’Ordine di Sant’Agostino.
Alle ore 12 Santa Messa di ringraziamento presieduta dal Padre Generale.
Nel pomeriggio ci si ritrova in aula per l’esito della votazione delle proposte, che vengono tutte approvate.
Subito dopo il nuovo segretario generale, Padre Pasquale Di Lernia, legge gli Atti del Capitolo.
Dopo la lettura degli Atti che vengono approvati per alzata di mano, Padre Alex Lam condivide con tutti la riunione che stata fatta nel primo pomeriggio tra i membri dell’America Latina. Hanno deciso di prendere una decisione riguardo il tema dell’Amazzonia.
Prende la parola il padre Generale per la conclusione, presentando alcuni ringraziamenti e inquietudini.
Con la preghiera e la cena si conclude il 186° Capitolo Generale.
MESSA DI CHIUSURA DEL CGO’19
(Cappella di Santa Monica, Roma, 16 settembre 2019 )
Al concludere il nostro CGO 19 vogliamo lodare Dio e ringraziarlo per gli innumerevoli doni che ci ha dato e che abbiamo potuto condividere insieme come fratelli durante queste due lunghe settimane.
Il tema del Vangelo di oggi è la fede, come abbandono totale in Dio, Misericordioso. Quale bellezza vediamo nel Vangelo narrando la fede del centurione. Che delicatezza, rispetto e fiducia in Gesù.
Noi Agostiniani siamo una comunità di fede nella quale creiamo una relazione di amicizia e di affetto, di incontro e rispetto, di perdono e di amore perchè la nostra anima vive in Lui. Siamo credenti che sono stati chiamati per vivere una esperienza dell’Amore che Dio ha acceso nell’animo di Agostino.
Credo che quando ero bambino e giovane ho sentito questo amore di Dio, e anche in seguito, crescendo. Il suo Amore era come un fuoco nel mio cuore e sorse nel mio cuore un grande desiderio di donarmi e di generosità. Certamente quetsa è la vostra stessa esperienza. Chiedo solamente che non siano le nostre comunità dei luoghi dove alcuni fratelli persono la speranza e anche la fede.
Non siamo qui per essere Priori generali, provinciali o locali, nè per aiutarci a vivere in modo più rilassato, senza problemi, nascosti al mondo. No. Certamente tutto questo è importante, ma la cosa principale, veramente sostanziale, l’unica che può riempire di amore il nostro cuore è la fede in Dio, la fede in colui che mi ha chiamato a viverla con i fratelli.
Fratelli, siamo fedeli alla nostra vocazione (desidero che durante questi prossimi sei anni entriamo nel piu intimo di noi stessi per conoscere e curare ciascuno la mia propria vocazione), siamo fedeli all’amore di Dio che ci convoca, al suo Spirito che ci chiama, ci alza e ci guida a vivere in comunità a partire dalla fede. Che nelle nostre comunità si possa toccare l’esperienza di fede. Rendiamo belle le nostre liturgie. Preghiamo con fervore e insistentemente. A volte sembra che abbiamo un rifiuto alla preghiera, all’Eucarestia, al fumo delle candele. Povero Dio! O meglio: Poveri noi! Come siamo ingrati! Facciamo vedere questa fiamma dell’amore di Dio ai giovani e a quelli che si avvicinano alle nostre case. Quasi tutti riteniamo che questa è la causa principale della mancanza di vocazioni.
Il Papa ci ha affidato la testimonianza che “le nostre comunità siano luoghi nei quali si vive l’esperienza di Dio a partire da una forte interiorità e nella comunione tra i fratelli”. E continuava il Santo Padre lo scorso venerdì 13 dicendo: “Voi, Agostiniani, siete stati chiamati a testimoniare una carità ardente, viva, visibile e contagiosa della Chiesa, attraverso una vita di comunità che manifesti chiaramente la presenza del Risorto e del suo Spirito”. E’ la “unità nella carità”. Una carità e un amore che si impara e cresce nel cuore umano attraverso il perdono.
Il perdono è l’altra faccia dell’umiltà, il suo aspetto più prezioso. Veramente necessario nella nostra vita come lo stesso sangue che scorre nelle nostre vene. Perchè la vita comunitaria è composta da una moltitudine di piccoli dettagli quotidiani. Se ciascuno di noi ha cura degli altri, il vivere l’amore comunitario diventa possibile. Perchè, infine, sappiamo anteporre i beni comuni ai personali.
Ma come anche ci segnalava il Santo Padre, “tenere viva questa fiamma della carità non sarà possibile senza l’ “in Deum” della nostra Regola”. Per questo è necessario incentrarsi in Dio come priorità assoluta.
Confesso che durante gli anni scorsi ho potuto riposare e appoggiare il mio capo nell’amore dei fratelli della comunità. Quando tornavo a casa da un viaggio o da qualcosa di molto difficile ritrovavo la dolcezza, l’amicizia, l’affetto e anche l’amore di cui avevo bisogno. Questo mi ha portato a comprendere meglio che “non è più ricco colui che ha di più, ma colui che ha meno necessità” perchè alla fine è quello che ha di più in quanto l’amore dei fratelli supera le maggiori ricchezze del mondo.
Cari fratelli, questo continua ad essere oggi la nostra sfida e responsabilità: vivere nelle nostre comunità l’esperienza di Dio e farla vedere al mondo. Essere segno profetico nella comunione. Senza scordarci della croce con la quale Gesù, il Cristo, ha curato le nostre ferite e con la quale noi possiamo far guarire il nostro cuore e quello dei fratelli.
Che la nostra Madre della Consolazione e del Buon Consiglio ci proteggano e ci accompagnino sempre.
P. Alejandro Moral Antón, OSA