L’ORIGINE DELA DEVOZIONE ALLA MADONNA LIBERATRICE IN VITERBO
1. Il fatto miracoloso del 1320
Nel mese di maggio del 1320 (sul giorno i cronisti non sono concordi) un avvenimento straordinario terrorizzò gli abitanti di Viterbo e li spinse nella chiesa della Trinità a far voti per la loro liberazione dinanzi all’immagine della Madonna. Un testimone oculare, Giovan Giacomo Sacchi, così racconta: “Ricordo come a dì 28 Maggio 1320 apparsero in Viterbo nell’aere grandissimi segni che derno terrore a tutto il populo con tenebre horribili et figure de demoni, che parea che subissasse il mondo; et apparse miraculo di una figura di Nostra Donna ne la Cappella del Campana in Santo Agustino sopra Faule et per sua gratia fommo liberati”[1]. Il Sacchi non entra nei particolari del fatto, a differenza degli altri cronistri del tempo, ma descrive le sensazioni che l’avvenimento ha suscitato in lui e nei suoi concittadini. Ha comunque ricordato il giorno, l’anno, i segni straordinari che terrorizzarono i Viterbesi, le orribili tenebre e le immagini diaboliche, e la liberazione miracolosa per grazia della Vergine che apparve nella cappella, fondata dal signor Campano, nella Chiesa degli Agostiniani. Fu un avvenimento così strepitoso che lo scorrere del tempo, la fantasia popolare, l’interpretazione degli artisti e degli scrittori, possono aver abbellito di particolari, ma non possono aver alterato la sostanza del fatto. Tanto più che questo avvenimento, ritenuto miracoloso, coinvolse le autorità ecclesiastiche e civili, e quindi fu istituita una festa per commemorarlo solennemente ogni anno.
2. La grande processione alla chiesa della Trinità
Lo Statuto delle processioni,riformato nel 1344, descrive in modo splendido come veniva solennizzata la festa e ordinata la processione alla chiesa della Trinità[2]. Innanzitutto lo statuto ordina che la festa della Madonna sia equiparata, come solennità, alle feste maggiori della città, cioè al Corpus Domini e all’Assunta, e che si celebri il lunedì dopo la festa di Pentecoste. Otto giorni prima il Podestà e gli Otto del Popolo, al suono di tromba, bandivano per la città la solenne ricorrenza. Intanto per il giorno della festa la città veniva ornata con archi trionfali, con pergolati di rami verdi, con festoni e addobbi vari. Il lunedì mattina, al suono della campana del Comune, si adunavano nella piazza antistante i nobili, i rettori delle Arti e il popolo tutto, e si snodava quindi una lunghissima processione. Lo statuto ne specifica anche l’ordine: precedeva il clero, che usciva dalla chiesa di S. Angelo, seguiva subito dopo il Podestà con gli Otto del Popolo, poi il Prefetto con la nobiltà, i giudici, i medici, i notai e i mercanti; seguivano poi le Corporazioni delle Arti e quindi tutto il popolo. Dalla piazza del Comune la processione sfilava verso il Duomo, dove si univano ad essa i Canonici, e si procedeva direttamente alla chiesa della Trinità.
Nel 1267 il Comune aveva allargato la cerchia muraria conglobando tutto il colle della Trinità. In questo modo rimaseconglobata anchela porta Quadriera, detta anche Portella, o Porticella, che era prospiciente la chiesa degli Agostiniani. Orbene, quando la processione sfilava dalla piazza del Comune fino alla chiesa della Trinità ed arrivava alla Portella, doveva passare sotto una lunga galleria, chiusa e oscurata da ogni parte con rami e verdure, e il tratto di strada era rischiarato solo dai lumi della processione. Questa simpatica trovata, come si leggeva in una tavola posta un tempo nel Santuario, serviva a ricordare le tenebre che avevano avvolta la città, quando avvenne il miracolo. Una volta giunti in chiesa, il Podestà e ciascuno degli Otto offriva due ceri di venti libbre l’uno. Col tempo la Magistratura offrì alla Vergine anche una riproduzione della città in argento dal peso di 14 libbre, che veniva portata ogni anni in processione dagli stessi Magistrati. Ma il ricco ex-voto sparì con molti altri argenti al tempo della invasione napoleonica e della soppressione del convento. Una riproduzione simile della città in argento venne rifatta e posta nella parte più alta dell’altare della Madonna, e da sempre venne ritenuta di grande valore. Negli anni ’70 la si volle tirare giù per portarla in processione come succedeva nel passato. Furono i pompieri che con una lunga scala tolsero la riproduzione dal suo posto, ma si scoprì che era un’opera in legno ricoperta da una leggera foglia d’argento. Ora la medesima immagine è collocata sulla parete sinistra dell’altare.
Nel corso del secoli la festa perse molto della solennità primitiva e alla processione ad un certo punto incominciarono a mancare le arti e poi il clero. Solo la magistratura non volle mai mancare al suo voto, e intervenne sempre ufficialmente alla processione per cinque secoli e mezzo, fino al 1870. La processione riprese nel dopo-guerra, naturalmente in una forma diversa, ma certamente con il rinnovo dell’antica devozione.
3. L’immagine della Madonna
L’affresco della Madonna con il Bambino, non si sa con precisione in quale anno sia stato eseguito e neppure con assoluta certezza chi ne sia stato l’autore. Possiamo senz’altro supporre che sia stato dipinto qualche decennio prima del fatto miracoloso. Oggi, sulla base degli studi svolti dallo storico Corrado Buzzi negli archivi viterbesi, viene attribuito a Gregorio e Donato, due pittori aretini, operanti tra la fine del secolo XIII e la prima metà del XIV nel territorio della Tuscia. Tuttavia, chiunque ne sia stato l’autore, o gli autori, questa immagine, alla quale è legato il fatto portentoso del 1320, divenne ben presto oggetto di culto e devozione per tutta la città.
La devozione popolare volle avere il prodigio per sempre davanti agli occhi per conservare nel cuore la dovuta riconoscenza. Fu così che il prodigio venne riprodotto in due grandi affreschi nella chiesa della Trinità. Di ambedue queste pitture si sono conservate le incisioni in rame, fatte eseguire dal Comune nel 1727, quando si demolì 1’antica chiesa per innalzare 1’attuale[3]. Le ha comunque riprodotte il Bussi nella Storia di Viterbo a pag. 189. E’ difficile stabilire attraverso le approssimative riproduzioni del Bussi a che periodo possano risalire. Non dovrebbero comunque essere molto posteriori ai fatti che rappresentano.
La Cappella della Madonna divenne ben presto luogo di grande devozione per tutta la città e le sue pareti si arricchirono di numerosi ex voto. Uno tra i più curiosi, e che spicca notevolmente tra quelli appesi nella cappella della Madonna, è una lunga e grossa catena di ferro. Si vuole che a questa catena fossero stati legati venticinque cristiani prigionieri dei Saraceni. Costoro, avendo saputo dei molti miracoli che si operavano in Viterbo nel Suntuario della Madonna Liberatrice, fecero voto che, se fossero stati liberati, sarebbero venuti a Viterbo a portare la lunga catena alla loro Liberatrice.
4. La festa di oggi
Oggi la processione ha inizio, come nel passato, dalla Piazza del Comune. Alle ore 18.30, al suono della campana maggiore della torre comunale, la piazza si riempie di gente e sul palco prendono posto il Vescovo e le altre autorità civili e militari. Dopo alcuni minuti di canti e preghiere, il Sindaco pronuncia un discorso rievocativo della devozione della città verso la Madonna Liberatrice. Quindi incomincia a snodarsi la processione secondo l’ordine moderno di tutte le processioni: apre la croce astile con i candelieri e l’incenso portati dai chierici, poi bambini della prima comunione. Subito dopo i giovani e la Fraternità agostiniana secolare con il proprio stendardo. Seguono i Cavalieri dell’Ordine Castantiniano di S. Giorgio e alcune Confraternite della diocesi, quindi le due raffigurazioni della città e il Gonfalone. Segue poi il baldacchino con l’immagine della Madonna Liberatrice portato a spalla da 16 fedelissimi della Madonna Liberatrice. Precedono l’immagine: il Vescovo con il clero e i religiosi, e la seguono le autorità civili e militari. Chiudono la processione le donne e gli uomini del popolo. La banda musicale accompagna i partecipanti con musiche appropriate. La processione si snoda dalla piazza del Comune in Via Ascenzi, imbocca Piazza del Sacrario, Via Cairoli, Piazza S. Faustino, Via Maria SS.ma Liberatrice, Piazza della Trinità. La processione è preceduta da un interessante corteo storico.
[1] La cronaca si trova nei Ricordi di Casa Sacchi ed è riportata da tutti gli storici viterbesi che hanno trattato l’origine della devozione alla Madonna Liberatrice.
[2] Statuto delle Processioni in Archivio Storico di Viterbo, Fondo Trinità, perg. n. 41 della Biblioteca Comunale degli Ardenti. Il documento è trascritto alla lettera dal BONANNI, Il Santuario della Madonna Liberatrice in Viterbo, Viterbo 1901, seconda appendice, doc. 4.
[3] Nel 1727 la chiesa venne totalmente rifatta e l’ingresso, che dava sulla attuale Via S. Giovanni Decollato, venne spostato sulla attuale piazza della Trinità, come appunto lo si vede oggi.